Saint ILDEFONSE ou ALONZO (ALPHONSE), évêque de Tolède en Espagne (667). La sua famiglia, già potente sotto i Romani, lo rimane anche sotto i Visigoti, e gli prepara una carriera adeguata. Ma Ildefonso scappa di casa, rifugiandosi nel monastero dei santi Cosma e Damiano, vicino a Toledo. Non ha in mente la carriera. Si fa monaco, arriva al diaconato e qui si ferma. Gli va bene così. Ma i confratelli lo eleggono ugualmente abate nella loro comunità, perché ha tutto: pietà, cultura, energia, un parlare attraente. Ed è anche uno scrittore di grande efficacia.
Ma sui cinquant anni deve lasciare il monastero: è morto Eugenio II, il vescovo di Toledo, e al suo posto si vuole lui, Ildefonso. Per convincerlo si muove il re visigoto in persona, Recesvinto. Così, nel 657, eccolo vescovo di quella che al tempo è la capitale del regno. Ora non ha più molto tempo da dedicare ai libri, impegnato a scrivere tante lettere, e non proprio allegre. Abbiamo di lui pagine angosciate sugli scandali ad opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima; e su tanti ecclesiastici che troppo immischiano negli affari di Stato.
Era davvero meglio il monastero: pregare con gli altri, studiare, scrivere... Ildefonso ci ha lasciato opere di dottrina e di morale, trattati sulla Madre di Dio , inni liturgici. E anche l opera divulgativa De viris illustribus (™ una continuazione delle Etimologie di Isidoro di Siviglia (ca. 570-636), la grande Enciclopedia di tutto l Alto Medioevo. Ildefonso non può vivere senza insegnare, convinto anche lui (come san Braulio, vescovo di Saragozza) che il sapere "è un dono comune, non privato", e che perciò deve essere distribuito a tutti.
Colpisce i fedeli la sua devozione mariana, suscitando anche racconti di fatti prodigiosi. Come quando, al momento di una celebrazione solenne, apparve in chiesa la Madonna, porgendo a Ildefonso l’abito liturgico (la pianeta) per il rito.
Dopo la morte, il suo corpo fu sepolto a Toledo; poi, con l invasione araba, venne trasferito a Zamora, in Castiglia. I fedeli lo hanno gridato santo da subito, collegando sempre il suo nome a quello della Beata Vergine Maria.
Ma sui cinquant anni deve lasciare il monastero: è morto Eugenio II, il vescovo di Toledo, e al suo posto si vuole lui, Ildefonso. Per convincerlo si muove il re visigoto in persona, Recesvinto. Così, nel 657, eccolo vescovo di quella che al tempo è la capitale del regno. Ora non ha più molto tempo da dedicare ai libri, impegnato a scrivere tante lettere, e non proprio allegre. Abbiamo di lui pagine angosciate sugli scandali ad opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima; e su tanti ecclesiastici che troppo immischiano negli affari di Stato.
Era davvero meglio il monastero: pregare con gli altri, studiare, scrivere... Ildefonso ci ha lasciato opere di dottrina e di morale, trattati sulla Madre di Dio , inni liturgici. E anche l opera divulgativa De viris illustribus (™ una continuazione delle Etimologie di Isidoro di Siviglia (ca. 570-636), la grande Enciclopedia di tutto l Alto Medioevo. Ildefonso non può vivere senza insegnare, convinto anche lui (come san Braulio, vescovo di Saragozza) che il sapere "è un dono comune, non privato", e che perciò deve essere distribuito a tutti.
Colpisce i fedeli la sua devozione mariana, suscitando anche racconti di fatti prodigiosi. Come quando, al momento di una celebrazione solenne, apparve in chiesa la Madonna, porgendo a Ildefonso l’abito liturgico (la pianeta) per il rito.
Dopo la morte, il suo corpo fu sepolto a Toledo; poi, con l invasione araba, venne trasferito a Zamora, in Castiglia. I fedeli lo hanno gridato santo da subito, collegando sempre il suo nome a quello della Beata Vergine Maria.
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